STORIA

ORIGINI DI VEGLIE

Le prime fonti delle origini di Veglie risalgono al tempo dei Messapi per le varie testimonianze archeologiche esistenti. La più importante è senza dubbio il ritrovamento nel 1957 di una tomba messapica, il cui arredo funerario, da collocare tra i sec. IV-III a.C., è esposto presso il Museo Provinciale ” S.Castromediano” di Lecce.

(Foto Archivio Pino Pierri)

Si succedono poi, le incursioni dei popoli che provengono dal mare ma, degno di nota è l’insediamento romano, che lascia una forte impronta sul territorio. Le vie del centro storico di Veglie, infatti, segnano un reticolo di tipo romano con cardini e decumani; inoltre all’estremità nord del cardine massimo, sono state scoperte alcune tombe ed è stato ritrovato, nell’unica ufficialmente aperta, un corredo funebre sempre risalente all’epoca romana.

Secondo alcuni glottologi, il nome di “Veglie” potrebbe avere  diverse origini. Una teoria fa derivare il nome di Veglie dalla parola ELOS di origine greco-bizantina che significa “palude”, mentre un’altra riconduce il nome Velio o Velia, nome comune dell’onomastica romana.

Nel sec. X, ai tempi dell’imperatore Bizantino Niceforo Foca II, fu ripopolata da una piccola colonia di Greci, la cui presenza è documentata fino al sec. XIV.  I “cronisti” dell’epoca scrivono infatti che i saraceni nel 924 invasero la Terra d’Otranto. Quando i bizantini riuscirono a respingerli, Niceforo Foca fece arrivare coloni greci nel Salento, nella speranza di far migliorare le condizioni del suo popolo visto che le terre della  madrepatria erano superaffollate e scarsamente produttive.

Le battaglie intraprese dai bizantini contro i saraceni per liberare il territorio,  portarono alla distruzioni di grosse borgate nei dintorni di Veglie delle quali rimase ben poco e ad oggi soltanto i nomi (Santa Venia, Bucidina, ecc.). Queste borgate erano abitate già da tempo da altri “profughi” e quando arrivarono  “li Rieci” ( i Greci), il loro nome (Riecu)    nel dialetto locale divenne sinonimo di ultimo. Era uso un tempo,  nel dialetto locale, contare usando dire “primu, secondu, terzu, …, nanti-riecu (penultimo), riecu (ultimo).

Secondo la tesi di Girolamo Marciano, prima di diventare un Catapanato bizantino Veglie sarebbe stata una comunità esigua fatta di contadini, concentrati sul pendio del promontorio che guarda la pianura circostante, successivamente conobbe una nuova e più organizzata identità comunale, tanto che l’opinione comune fa risalire a questo periodo la sua fondazione.

La presenza dei greci-bizantini è documentata fino al XIV sec., nella prima metà del 1300, infatti. La causa di questa forte presenza greca è dovuta alla politica di Niceforo Foca. Egli infatti, affermava che per mantenere stabile l’unione dei territori conquistati non bastava ripopolarli con gente proveniente dalla Grecia, ma occorreva l’ellenismo anche in campo religioso. Per questo ordinò l’uso del rito greco e la nomina di un vescovo di questo rito in ogni diocesi bizantina d’Italia. Ancora nel 1325 officiavano infatti soltanto preti di rito greco nella prima Chiesa parrocchiale dedicata a San Salvatore e ubicata al centro del primo ed antico nucleo del casale di “Velle”. Di questa Chiesa non è rimasto più niente in quanto crollata nel sec. XVII..

Successivo al dominio dei Greci fu il periodo dei Normanni. Essi introdussero il sistema feudale e, affinché il regno fosse meglio difeso dall’assalto dei Saraceni, costituirono tante piccole signorie che dipendevano direttamente dal Re. Costruirono inoltre altrettante fortezze dove si arroccavano per difendere meglio il territorio.

Nel 1190, quando Tancredi appena eletto Re di Sicilia e di Puglia divise le terre ai suoi fidi, il feudo di Veglie fu assegnato a Copertino sotto Spinello delli Falconi.

Ai Normanni sopravvennero gli Svevi nei primi anni del 1200. Mentre nel 1265 il regno passò sotto il dominio degli Angioini con Carlo d’Angiò , figlio del Re di Francia Luigi VIII, che fu incoronato da papa Clemente IV. Appena giunto nel suo regno, Carlo I, nel 1266, fondò la Contea di Copertino allargata dei territori di Veglie, Leverano e Galatone con un susseguirsi di Signori alla guida della contea.

Dopo una serie di passaggi di potere e dopo essere stata distrutta da Francesco I Del Balzo, duca d’Andria, fu infeudata nel 1419 tra i possedimenti di Tristano di Chiaromonte, Conte di Copertino, per dote della moglie Caterina del Balzo-Orsini figlia del Principe di Taranto Raimondello e della Contessa di Lecce Maria d’Enghen. Egli cercò di fortificare con mura la “Terra Veliarum”, ma essa rimase sempre facilmente espugnabile, tant’è che il simbolo di Veglie costituito da una sola bombarda “fu inventato dai feudatari come simbolo di apparente non reale fortezza” (Girolamo Morciano ‘600). Al simbolo furono aggiunte nella seconda metà del 1800 le tre palle di bombarda che  si vedono oggi.

Nel 1460 muore Tristano di Chiaromonte e la Contea passa alle dipendenze del Re di Napoli Ferdinando I il quale, riconoscente per l’aiuto avuto nella lotta contro gli Angioini, la donò a Bernardo Castriota.

Nel 1468 fu infeudata a Pirro del Balzo, per dote della moglie Sancia di Chiaromonte, Contessa di Copertino. Dopo la “congiura dei Baroni”, con bolla del 1487 di Federico d’Aragona, Veglie passò alle dipendenze dirette della corona.

Nel 1494 fu concessa a Bernardo Granai-Castriota per meriti di guerra; quindi il 20 aprile 1549 con atto del Notar Bove ritornò alla “Cesarea Maestà di Carlo V”.

A questo periodo risale il rifacimento e il consolidamento della “Porta di Tramontana” che prenderà il nome di “Porta Nuova” così come è chiamata ancora oggi.

 

Il 5 agosto 1557 con nuovo atto del Notar Bove, Veglie viene rivenduta agli Squarciafico, ricca famiglia di mercanti genovesi divenuti Conti di Copertino. Nei secoli successivi, per diritto ereditario, si susseguirono come feudatari i Pinelli, i Pignatelli e i Granito di Belmonte.

I primi censimenti della popolazione vegliese risalgono al 1532. Risulta infatti che in quella data esistevano a Veglie 216 fuochi (famiglie). Nel 1545 le famiglie erano salite a 243; nel 1561 a 271; nel 1595 a 354; nel 1648 a 415.

I registri dei nati, dei morti, dei matrimoni, e di altri eventi civili, risalgono al 1564. Grazie infatti a don Pomponio Lupo che mise immediatamente in atto i decreti del Concilio di Trento che si chiuse nel 1563.

Risalgono a questo secolo (XVI) anche le torri costiere che ancora oggi fanno bella mostra sul nostro litorale. Esse servivano nel momento delle scorrerie dei pirati dell’epoca a dare l’allarme ai Borghi e ai Castelli dell’entroterra e a respingere gli attacchi. Ai Comuni distanti non più di dodici miglia dal mare, una legge governativa imponeva un contributo in denaro per ogni famiglia. Per questo Veglie dovette contribuire alla spesa di almeno due torri costiere: Lapillo e Castiglione.

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